Matteo Difumato

DALL’AVATAR ALLA VIRTÙ

 

 

Spiegazione generale dei concetti

 

Al fondo del questo lavoro scientifico-teatrale ed antropologico sono due concetti: avatar e virtù. Il primo, avatar (motto spagnole significa “cambiamento” e pure nel senso religioso “incarnazione, risurrezione, conoscimento, illuminamento, depurazione”) è l´imboccatura diretta e naturale dal greco deus ex machina fino al dramma moderno. Intanto che il concepimento antico gli scrittori d’oggi non usano alla pratica appresso, l´avatar sta vivendo il rinascimento e grazie al suo principio (quale spiegheremo più tardi) finisce 90% dei drammi postmoderni. L´indicazione dell´utenza troviamo già in metà dell´ottocento, quando entrò alla letteratura e teatro il romanticismo e dopo subito autore Ibsen.

L´eroe, di regola totalmente diverso che il suo ambiente, aspira al grande cambio, quale muoverebbe con lui ed il mondo intorno lui.

Massimo sviluppo ed anche spiegazione, perché questa pratica prevale fino ai giorni d´oggi, presenta l´autore drammatico Anton Pavloviè Èechov. Anziché nei drammi sarebbe decisivo Dio o Dio-macchina, l´elemento essenziale sia la persona ambivalente come sopravvivenza del romanticismo, quale aveva (come abbiamo menzionato) instaurato quel cambiamento. Tutte grande opere di Èechov contengono parecchi, se no tutti personaggi, desiderosi per un cambio. Eroi aspettano l´avvento d’avatar dal didentro; per cui sono capaci di sacrificare tutto. Acciò arriverebbe, cambiano da soli, però a vuoto. Avatar-cambiamento non arriva, perciò “dobbiamo farlo da fuori”, innaturalmente, a maggioranza con qualche atto eccessivo dall´una figura, a tal segno che muoverà legittimamente con la gente nel dramma, inclusivo fuori del testo, in auditorio.

Qui scontriamo un fenomeno quale dall´arte antica fino all´arte di metà dell´ottocento pone in scena nei principi vari e le versioni diverse deus ex machina: catarsi. Già, oltre a venuta del ribrezzo famigerato sulla schiena nel dramma antico al posto dell´avvento del Dio-macchina (com´è stato detto, è necessario assumere quel concetto con riserva, perché ad esempio a Shakespeare non troveremo nessun Dio o la macchina letteralmente, i drammi però erano scritti al principio simile antico) arriva agevolezza nel momento quando una delle persone si determina a fare gran passo (magari col tentato omicidio) per giungere alla meta contesa, al cambio per il quale spasima così. Pure gli altri ne vanno pazzi o matti, ma ne hanno più grande rispetto, dell´avatar apparecchiato, e paura.

Insomma, l´avatar rappresenta nel dramma due componenti, ugualmente come fu nel caso dell´ultima parte del dramma antico, catastrofe:

  1. procede dello scorcio una base nella composizione ed esistenza di favola in dramma
  2. in base a questo scorcio accade soddisfacimento allo spettatore

 

È interessante che il principio d´avatar funziona in le tutte direzioni prevalentemente nelle tragedie o per lo meno tragicommedie, mentre l´evento di deus ex machina possiamo trovare anche nelle commedie di Molière, p.e.

Rimpetto il fenomeno virtù (stima, onori), come ho nominato la tendenza di letteratura postpostmoderna, diciamo ultramoderno-decostruttivo, troviamo anche nella commedia, rispettivamente quest´imboccatura è dall´essenza un termine comico. Qualora nel dramma assurdo o politico la pratica avatar/virtù si fronteggia mezzo/mezzo, nel dramma il più contemporaneo dovrebbe predominare funzione di virtù. Col concetto deus ex machina lo lega anzitutto la decisione di gestire il dramma dell´autore, laddove l´avatar gestisce qualche forze oscura quale autore non sa descrivere esatto, e così si la concede all´atto inesplicabile che invasa la partita. Virtualmente la differenza fra deus ex machina e virtù è quello che nel primo caso l´autore si propone alla fine al Dio, chi in mondo antico occupò il loco primario, intanto che alla finitura del secondo fenomeno vale puramente la decisione dell´autore (solo l´autore decide, quale sarà la fine), l´appropriamento onorato per non occuparsi troppo ecletticamente/postmodernamente delle illazioni e cagioni delle azioni/alterazioni a cui è stato accaduto. Filosofia grossa è sostituita dal succo d´uno scherzo leggero. A paragone di avatar competivo con virtù soggiungiamo che l´aspettativa desiosa per l´avvento a qualcosa di nuovo in sembianza del Godot di Beckett è surrogata dalla forbitezza laconica ed esplicita del messaggio austero, non protrando troppo le forme differentemente ipotetiche della fine.   

 

Dicostruzione ultramoderna X uso della virtù

 

Alleghiamo che parolina virtù è pure il fondo di vocabolo virtuale, quale parte sono spesse nel dramma ipermoderno.

Riflettiamo per un’attimo sopra espresso di questi due concetti. Significa che c’è virtuale, è anche pieno della virtù?

Per quanto è la realtà d’oggi piena di chat, internet, telefonini cellulari, notebook e laptop ed altre media digitali, poi certamente. Interessante è riflettere come virtualmente comunicavano i nostri bisnonni – quelli che hanno inventato parola virtualità. Mentre vocabolo virtù ha il suo origine in latino ugualmente come fede, dignità, volontà (anche le “virtù”), la virtualità ha un carattere più moderno. Primo uso poteva vivere nei stati romanci con sviluppo di telegrafo, telefono, televisione, allora apparati con fondo vocabolario tele.

Sì, qualche scambio che procede fra due soggetti all’essenza umane del modo disumano. Distribuzione al carattere informatico per quale distribuisce energia primo soggetto e secondo risponde. Sinonimo reale è dialogo, preversione semplice posta. Essenziale sarebbe stormire comunicativamente nel modo che non è vista nessuna delle face d’attore.

Logicamente potremmo riflettere sul supplemento di virtualità alla virtù. È pure interessante che il più nuovo principio comparisce (come già spiegato) nel dramma assurdo però poche volta lì dove manca uso del qualche elemento virtuale, all´inizio soprattutto telefono. Possiamo constatare che virtù comparisce nel dramma assurdo più moderno dove possiamo trovare principio virtuale e personificato.

Oltre, possiamo anche dire che dramma ipermoderno con la tendenza decostruttiva non può esistere senza la virtualità, allora senza uso uno delle espressioni della virtù. Virtù nel questo caso significa che pulizia unica è possibile solamente senza la presenza fisica, quale trattamento umano solo sporca. Perciò la posta era ed oggi quella elettronica è espressione di qualcosa più alto, nobile: l'uomo comincia pienamente ma poiché non esista nella realtà, non sciupa niente (anche se esprimessi può essere peggiore perché di fatto non esista). Ipermoderna è espressione del stile che può venire e venga dopo la postmoderna, parola decostruzione presenta decadenza dell'ecletticismo storia e filosofia, tutto esagerato è con influenza attiva nel postmoderna. Per di più nel stile moderno e postmoderno è elemento fissato stabilito avatar che potrebbe cambiare nell' ipermoderna. Tutto si tratta in grande velocità, con la massima presenza degli avvenimenti: qualche volta la scena post ha luogo prima di quella da fino, senza relazioni, con vivo fatto usando di internet ed altre media digitali.

 

Avatar come macchina dei pensi

 

Cambio è concetto filosofico. Potremmo dire la stessa cosa di avatar, usando nel dramma. Cambio arriva quando non è possibile uscire più, quando la situazione per uno o più eroi non basta e non può risolversi che qualcosa deve succedere. Avatar arriva come la soluzione; (…)

 

Scenotecnologia, scenografia

 

Sarei molto lieto di descriverci due delle mie invenzioni, di quale il teatro potrebbe in relazione con uso dei mezzi ipermodernissimi ispirarsi in futuro.

Prima cosa, piuttosto più facile, zalysa, c´è un sistema pensile e labirintico, che associa sipari classici nell´interfacce insolite. Quando intersecheremmo p. es. lettere S e K (avendo stima di scrittrice Sarah Kane, sue iniziali) e nei intagli di queste mantovane sarebbero sospendute le cortine sia opache sia trasparenti. Sulla scena potrebbe avvenire con l´aiuto di zalysa frazionamento dello spazio atipico, nel caso di utilizzazione delle cortine trasparenti avvenirebbe prospettiva nell´altre dimensioni.

Seconda invenzione, zrkahol, utilizza tre oggetti – laser, riflesso e l´acqua. Grazie a proiettore, usato dall´impianto d´illuminazione sulla superficie d´acqua (quale collocata dentro la buca del palcoscenico), nascono pittogramme caleidoscopiche. In essenza si serve di lanterna magica più avanzata e complicata, in questo caso utilizzato dal soffitto.

Con tutti e due principi opera quadrom (qua / drom = in greco „via, pista, carriera), teatro a piano quadrato (come quadro), con auditorio ascendente da tutte le quattro parti con l´entrata per attori e spettatori sui punti A, B, C, D.